di Gigi Riva
La tv e Internet hanno messo in crisi la lettura. Ma solo i romanzi ci permettono di reinventare il mondo. Lo spiega il manifesto del nuovo umanesimo. Firmato Tzvetan Todorov
Ci
si può immaginare di camminare lungo le strade deserte di San
Pietroburgo con il
principe Myskin,
l''idiota' di Dostoevskij e chiedersi, perché proprio lui, il
migliore degli uomini, deve chiudere la propria esistenza da demente.
Si può amare 'alla maniera' di Paolo
e Francesca,
o provare gelosia 'come Otello'.
Si può vincere la depressione leggendo poemi di Wordsworth e
avere quella gioia interiore che arriva dalla contemplazione
tranquilla delle bellezze della natura (è successo a John
Stuart Mill).
Si può stare in carcere e volare inventando un mondo
parallelo
di donne fatali e uomini bellissimi, basti pensare a 'Il bacio della
donna ragno' di Manuel Puig.
Tzvetan
Todorov
Serve
alla vita tutto questo? Serve,
risponde Tzvetan Todorov, filosofo e intellettuale bulgaro-francese,
tra i massimi contemporanei, col suo libro 'La letteratura in
pericolo' che uscirà in Italia il 7 febbraio per Garzanti.
Todorov è ben cosciente che la parola ha una funzione
consolatoria e il carcere è il luogo dove massimamente si
esprime. Cita
una deportata di Auschwitz,
Charlotte Delbo, che fingeva di stare nella stessa cella con Fabrizio
Del Dongo, il protagonista della 'Certosa di Parma' di Stendhal.
Sappiamo di Primo Levi e dei suoi riusciti tentativi di ripetere a
memoria il canto di Ulisse. Ma solo consolatoria? No, il filosofo fa
un passo in più. Sostiene: "La letteratura è
necessaria per vivere bene". Non
tocca l'iperbole assoluta, non la cataloga indispensabile:
"Certo si può vivere senza molte cose, ma una volta che
ci si è abituati alla ricchezza, come noi europei che veniamo
da una lunga e feconda tradizione scritta, è difficile tornare
indietro". Si vorrebbe rivolgere direttamente ai "decisori"
ai "politici" (e sarcasticamente aggiunge: "Oggi in
Italia non saprei a chi") per dire loro: "Rendetevi conto
che la letteratura non è un piacere, un lusso per gente
coltivata, ma è qualcosa che permette di studiare e di capire
il mondo".
Il
suo pensiero è una sorta di manifesto del nuovo
umanesimo.
Che parte da una spiegazione: "Scegliamo solo parzialmente le
persone in carne e ossa che ci stanno attorno. E difficilmente
possiamo entrare nel loro spirito. Ci sono naturalmente più
care dei personaggi dei libri. Ma i personaggi
dei libri sono più parlanti, più eloquenti.
Lo scrittore ci ha permesso di vederli come un altro noi stessi".
Così possiamo decifrare le nostre emozioni per paragone,
nominarle, in un certo senso dare compiutezza alla nostra esperienza
di relazione con l'altro. Se, con Kant, la vocazione dell'essere
umano è quella di potersi mettere al posto di tutti gli esseri
umani, la letteratura almeno prova a soddisfare l'esigenza. Lo ha
sempre fatto, da "prima scienza qual è", offre
riflessioni sulla nostra condizione, su come agiamo, come pensiamo,
sulle nostre passioni. In sintesi: "Ci permette di strutturare
il mondo esteriore". All'origine, nelle caverne, fu
obbligatorio: "Non c'erano scritti, ma miti tramandati
oralmente. Indispensabili alla formazione perché la specie
umana nasce completamente impreparata ad affrontare la vita".
Poi
la
lunga fase del testo.
Che adesso entra in
crisi a causa di potenti concorrenti
come
la televisione e Internet: Todorov ammette: "Procurano la stessa
materia che ci impedisce di essere perduti". I nuovi strumenti
non vanno demonizzati, però maneggiati con cura, sì.
Perché alcuni distinguo sono necessari. C'è la persona
davanti a un testo, senza nessuna mediazione. Tutto l'immaginario,
l'identificazione che ne nascerà sarà feconda ed
esclusiva. Non così con le fiction tv che rielaborano libri
fortunati: "Se
vedo un personaggio interpretato da un attore non avrò più
la possibilità di scegliere. Sarà quell'attore.
È
come per la rappresentazione teatrale di un testo drammatico. Lo
rende più forte e più limitato al tempo stesso".
C'è un esempio concreto. Uscì il libro di Umberto Eco
'Il nome della rosa'. Molti lo lessero prima della sua trasposizione
cinematografica, molti dopo. I secondi non potevano tanto
fantasticare su Guglielmo da Baskerville o Adso da Melk. Quanto a
Internet, andrebbe consumato come un mezzo, "perché c'è
tutto Platone là dentro, poi bisogna vedere come lo si
fruisce".
Sarebbe riduttivo fermarsi ai nuovi media e
decretare che la letteratura è "in pericolo" solo
per quella causa. I
libri stanno diventando desueti anche a causa di un pensiero corrente
per il quale "non servono a niente".
Si insiste sul creare nuove scuole di commercio, ingegneria o
informatica: "Ed è molto pericoloso perché potremo
avere migliori programmi per i computer e fare migliori affari, ma
avremo rinunciato a formare esseri sociali destinati a vivere con
altri esseri, che è il senso stesso del nostro passaggio sulla
Terra". Eccoci al "vivere meglio" grazie alla
letteratura. Che spesso non viene presa in considerazione, dalle
nuove generazioni, anche per un malinteso nel suo insegnamento che la
rende noiosa.
Todorov
si scaglia contro il sistema scolastico francese. Ma per estensione
il discorso si può fare universale. Anziché invitare
alla lettura, ad andare alla fonte, alla parola, i professori
preferiscono occuparsi del contorno, della esegesi del testo, di
tutto ciò che è stato detto attorno. Quando sarebbe
auspicabile il confronto diretto, il solo che permette il dialogo con
la bellezza e che fa generare emozioni. La letteratura, suggerisce il
pensatore francese, non è il patrimonio di un'élite che
pretende di avere un'esclusiva sull'interpretazione. Troppi malintesi
sono sorti intorno a questo supposto primato. La
vittima sacrificale è il cosiddetto genere popolare
che
si misura a suon di libri venduti, sino a creare una "incompatibilità
tra successo commerciale e autentiche qualità artistiche".
Tra il lettore comune che cerca nelle opere che legge come dare un
senso alla propria esistenza e gli insegnanti, i critici, gli
scrittori che gli rispondono che la letteratura parla solo di sé
e insegna solo a disperare è sempre il primo ad avere ragione:
"Se non avesse ragione, la letteratura sarebbe destinata a
scomparire nel giro di breve tempo". Così bisogna
incoraggiare la lettura con ogni mezzo, "compresa quella di
libri che il critico di professione considera con condiscendenza se
non addirittura con disprezzo, da 'Tre moschettieri' a 'Harry
Potter'". Spesso sono i volumi che hanno permesso a milioni di
persone di costruirsi "una prima immagine coerente del mondo che
le letture successive renderanno poco per volta più
elaborata".
Todorov
è sinceramente colpito dal fatto che Roberto Benigni fa
audience,
e quale, con Dante in prima e seconda serata su Raiuno. Lo coglie
come un caso esemplare di complicità tra veicoli diversi. A
patto che lo stimolo non si esaurisca nell'evento, ma sia un
incentivo ad andare oltre, a quel benedetto testo contemporaneo ormai
da sette secoli: "Perché la televisione passa e va".
Nello stesso tempo non vorrebbe solo guardare indietro. Contesta
la teoria per la quale ormai sarebbe stato tutto detto e la
letteratura che si produce non sarebbe altro che ricapitolazione:
"La storia ha smentito questo pessimismo eccessivo. È
esperienza comune il fatto che ogni anno troviamo almeno un paio di
libri che ci rivelano aspetti sconosciuti dell'esistenza. L'esistenza
non si ricompone in un numero finito di caratteristiche. Le
combinazioni sono infinite. La realtà è sempre in
movimento e la gelosia non è per sempre come Molière o
Shakespeare l'hanno fissata". Il Mallarmé che lamentava
di essere triste perché aveva già letto tutto dovrebbe
rivedere il suo assunto. Da questo punto di vista la globalizzazione
ci ha aiutato a scoprire altre opportunità, quando finalmente
abbiamo avuto accesso agli indiani, ai cinesi, ai giapponesi.
L'enorme potenziale che arriva ad arricchire una biblioteca
già vasta dovrebbe indurci
all'ottimismo,
ci consente opportunità non ancora esplorate. Quanti altri
personaggi, usciti dalla penna dello scrittore, possiamo muovere
accanto a noi, riempire una vita altrimenti "terribilmente priva
di forma"? Todorov cita Oscar Wilde, quanto apparentemente più
lontano da lui: "La funzione della letteratura è creare,
partendo dalla materia bruta dell'esistenza reale, un mondo nuovo che
sarà più meraviglioso, più duraturo e più
vero di quello che vedono gli occhi della folla". E ancora: "La
vita imita l'arte ben più di quanto l'arte non imiti la vita".
Non nega affatto che esista una relazione tra le due. Creare un mondo
più vero implica che l'arte non spezzi il suo legame con esso.
Da qui dovremmo partire, per (re)innamorarci di nuovo.
(05 febbraio 2008)
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