IL POPOLO - settimanale della Diocesi di Concordia -Pordenone
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Un quadro a Casa Betania    versione testuale
Don FRANCESCO BONIFACIO (1912 -1946)
Don Francesco Bonifacio
Don Francesco Bonifacio
Diversi furono i sacerdoti uccisi in Istria per mano dei partigiani comunisti, che ostacolavano l’esercizio del loro ministero (il regime era fondato sull’ateismo). Molte poi le vittime tra la popolazione, per vendetta o pulizia etnica. La ricostruzione di questi eccidi � stata piuttosto tardiva e i dati raccolti sono parziali: mai si avr� un quadro completo della tragedia. Per le vittime � stato coniato il termine "infoibato", vale a dire spinto nella foiba. Migliaia di italiani, ma anche slavi, finirono in fondo a queste voragini naturali (in Istria se ne contano circa 1700), la cui profondit� pu� raggiungere i duecento metri.
Pochi i processi popolari, con accuse di solito inventate, mai supportate da prove: ne sub� uno pure don Rodolfo Toncetti, poi parroco da noi a Toppo di Travesio, scampato all’arresto e al conseguente infoibamento.
A tale fine erano infatti destinate le persone che dissentivano e tentavano di opporsi al sistema voluto dal maresciallo Tito. Dopo aver subito torture e sevizie, venivano condotte, tra insulti e scherni, sull’orlo delle foibe, legate ai piedi e ai polsi con filo di ferro. Qualche aguzzino sparava quindi al primo del gruppo che, cadendo nella foiba, trascinava gli sventurati compagni.
A "Casa Betania" di Pordenone, nella celebrazione per il "Giorno del Ricordo 2010", sar� fatta particolare memoria di don Francesco Bonifacio, proclamato beato nella cattedrale di San Giusto in Trieste il 4 ottobre 2008. Egli sub� il martirio "per amore di Cristo e del suo vangelo" a soli 34 anni. Il volto del nuovo beato � stato ritratto vicino al buco di una foiba, con la bicicletta in una mano e la palma del martire nell’altra: il quadro a olio, assai suggestivo, � opera della pittrice Ivana Panizzo, per commissione di monsignor Cornelio Stefani, e viene esposto alla messa di sabato 20 febbraio, ricorrendo anche l’Anno sacerdotale.
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Don Bonifacio, nato a Pirano d’Istria nel 1912 da una famiglia di modeste condizioni, a dodici anni entr� in seminario e venne ordinato sacerdote nel 1936 nella cattedrale di Trieste.
Dall’aprile 1937 fu cappellano a Cittanova e qui ebbe modo di farsi apprezzare per l’intensa attivit� pastorale a favore dei pi� bisognosi e nell’organizzare la Giovent� di Azione Cattolica.
Nel 1939 il vescovo di Trieste e Capodistria Antonio Santin gli affid� la cura delle 1300 anime della curazia di Villa Gardossi, vicino Buie d’Istria, fatta di borgate e casolari da raggiungere a piedi o in bicicletta, dove confortare ammalati, anziani, sofferenti, poveri, riuscendo a offrire spesso anche qualche piccolo aiuto materiale.
Inizi� la guerra con le sue privazioni e i suoi lutti da consolare, ma fu dopo il tragico armistizio dell’8 settembre 1943 che le difficolt� divennero insormontabili: alla sanguinosa insurrezione popolare fece seguito l’arrivo delle forze armate tedesche, aiutate da elementi collaborazionisti. Il territorio boscoso della parrocchia, con le tante case sparse, si prestava a rifugio ideale per i partigiani di Tito: fu un vero calvario per la popolazione civile, con notevoli disagi e numerose vittime.
Don Francesco cerc� di interporsi tra le parti in lotta, di prodigarsi per soccorrere tutti, non importa se italiani o slavi: tent� mediazioni, imped� esecuzioni, difese dalla distruzione e dal saccheggio le case, apr� la canonica o trov� un sicuro rifugio ai fuggiaschi e agli sbandati, diede sepoltura alle vittime dell’odio, a volte lasciate in abbandono.
Dopo la guerra l’Istria fu occupata dagli jugoslavi; furono messe a tacere tutte le persone scomode o, in ogni caso, lontane dall’ideologia marxista-leninista: inizi� l’epoca delle vendette, si accentuarono gli odi etnico-nazionali che portarono all’esilio forzato di tanti italiani.
Don Bonifacio era benvoluto dalla sua gente, che temeva per lui, lo avvisava dei pericoli e lo consigliava ad andarsene. Ma lui era convinto della sua missione, della forza delle idee di pace, e si mantenne sereno nel suo agire con qualsiasi persona, pacato nel far valere le ragioni della Chiesa. Assicur� i fedeli che mai li avrebbe abbandonati, che - all’evenienza - era disposto pure a morire in mezzo a loro. Si parlava infatti - sottovoce e da tempo - di sparizioni nelle foibe, per mano dei partigiani jugoslavi, di persone del ceto dirigente italiano, di qualunque colore politico, partigiani compresi. Don Bonifacio sapeva che all’eliminazione erano destinati tutti coloro che avessero potuto ostacolare il progetto di unione dell’Istria alla Jugoslavia. In questa pericolosa situazione, egli fu uno dei pochi preti italiani che restarono in Istria, con il proprio popolo. Neppure gravi atti vandalici lo fecero desistere, quali il taglio delle corde delle campane e l’imbrattamento dei muri della chiesa con scritte oltraggiose.
Il fratello Giovanni cos� lo ricorda oggi: "Era un sacerdote che viveva il Vangelo con la sua gente. Mai, mai era solo, era sempre in movimento: tra i malati, a insegnare catechismo, sempre in giro per i villaggi". Altri ricordano l’esemplarit� della sua guida spirituale, ferma e serena, dei giovani.
L’11 settembre 1946, mentre rincasava dalla confessione a Grisignana, due guardie popolari lo fermarono nei pressi di quel cimitero e lo colpirono a calci e pugni. Venne quindi portato via nel bosco. Qui al prete, che continuava a pregare e a dire parole di perdono, fu scagliata una pietra al volto, secondo la testimonianza di un agricoltore del luogo, e finito.
Il fratello inizier� le ricerche, continuer� per un anno a ispezionare la zona insieme alla mamma, ma senza risultato. L’anno dopo la famiglia si trasferir� a Trieste. Cal� il silenzio sulla fine di don Francesco Bonifacio, ben difeso dalle autorit�. Parlare di lui era pericoloso. E’ probabile sia stato gettato nella foiba di Martines a Grisignana, profonda 180 metri.
La morte violenta in odium fidei di don Francesco Bonifacio � stata accertata nel processo che ha portato alla beatificazione di un prete "autentico martire ucciso, vittima di odio efferato, per la fede".

Gianni Strasiotto
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